giovedì 12 febbraio 2009

Senerchia (AV) su Flickr - Condivisione di foto!








































SENERCHIA 1980- nell'inferno e ritorno
Ho superato la terza età. . Adesso è solo tempo di ricordi.
A distanza di tanti anni, mi torna in mente il viaggio allucinante da me effettuato quel tragico giorno del 28 novembre 1980.
Il terremoto dell'Irpinia si era verificato il 23 novembre 1980 e colpì la Campania centrale e la Basilicata portando distruzione e morte sopra tutto nei piccoli paesi arroccati alle pendici delle montagne circostanti.
Le drammatiche immagini diffuse dalla stampa e dalla TV, colpirono profondamente il mio animo di meridionale. In ufficio non si parlava che del terremoto, commentavamo le immagini di desolazione e morte e ci domandavamo cosa avremmo potuto fare per portare un po' di solidarietà a quella popolazione martoriata.

Rimasi particolarmente colpito dalla cronaca toccante fatto da uno sconosciuto cronista.Parlava di un piccolo paese dell'avellinese, Senerchia, posto a 600 metri d'altezza, quasi completamente distrutto e non ancora raggiungibile dai soccorritori.

Ma vedere il terremoto è una cosa, viverlo e tutta altra cosa. Io l'ho sentito e vissuto.

Accadde quando decisi di rendermi concretamente utile partendo da Palermo con la mia nuova auto, una Fiat Supermirafiori con carrello al traino.

Con i mezzi carichi di medicinali e vestiario io ed un mio collaboratore ci imbarchiamo per Napoli destinazione Senerchia piccolo paese di 876 abitanti situato a 600 metri s.l.m. in zona collinare .

Ci documentiamo sull'itinerario da percorrere. Senerchia, centro Irpino dell'Alta Valle del Sele è situata a sud-est del capoluogo Avellino ed al confine con la provincia di Salerno. Per raggiungere il paese è necessario percorrere la Salerno-Reggio Calabria, uscire allo svincolo di Contursi Terme e proseguire per la ss.91.

Seguiamo alla lettera tale percorso ma a pochi chilometri da Contursi, veniamo fermati da una pattuglia di carabinieri. I militari ci avvisano che non è prudente proseguire perché alcune bande di balordi fermano le auto dei soccorritori e si impossessano di tutto. Ci consigliano di recarci nella loro vicina stazione con la speranza che il maresciallo possa darci una mano. Veniamo accolti con la massima cortesia e comprensione ma ci viene detto che, data la tragica situazione, era praticamente impossibile assegnarci un militare per protezione.
Ciò non ci scoraggia minimamente Eravamo decisi a proseguire con scorta o senza.
Preso atto della nostra determinazione, il maresciallo si mette in contatto telefonico con un vecchio appuntato prossimo alla pensione che esprime la sua completa disponibilità e pronto ad unirsi a noi.

Trascorsi venti minuti arriva il militare, esprimiamo tutta la nostra gratitudine al maresciallo per la sua disponibilità e ripartiamo sotto una pioggia intensa mista a neve. La strada presenta continue insidie, avvallamenti, massi, tronchi d'albero.Ma riusciamo a raggiungere il primo paese, Laviano.Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è davvero agghiacciante. Non una casa in piedi ma solo desolanti macerie. Non è possibile proseguire. Ci viene in aiuto una pattuglia della forestale che con una pala meccanica realizza un varco tra le macerie. Quando un agente viene a sapere della nostra destinazione, ci indica sulla carta che alcuni paesi, Santomenna, Castelnuovo di Conza, Marra, Valva e Senerchia non sono ancora stati raggiunti dai soccorritori.

Sempre determinati a proseguire, raggiungiamo Santomenna.
qui il disastro era totale. Grossi muri caduti, interi palazzi sventrati, colonne di auto di soccorritori privati, qualche ambulanza, tantissimi camper.Avanziamo lentamente, ma dopo qualche chilometro, notiamo un gruppo di uomini che ci fa segno di fermarci. Ci rendiamo subito conto che quegli individui non erano poliziotti bensì una delle bande di sbandati di cui ci aveva parlato il militare. Fermo l'auto più infastidito che intimorito, ma pronto ad usare ogni mezzo per non farci sopraffare.

Ci chiedono subito di consegnare tutto ciò che trasportiamo senza fare storie altrimenti ci avrebbero preso anche l'auto. Cerchiamo di far capire loro che non intendiamo consegnare alcunché. Neanche dopo che l'appuntato si qualifica desistono dai loro propositi. Non resta che il dialogo. Chiedo chi era il capo: si fa avanti un giovane ben vestito, date le circostanze, con una leggera peluria sul viso, con la mano sinistra stringeva una specie di manganello, con l'altra si accarezzava continuamente il mento.Mi dava l'impressione che si stesse vergognando di quello che stava per fare.

Ci appartammo.Gli dissi che veniamo da Palermo, che abbiamo fatto tanta strada solo per portare un po' di sollievo a chi ne aveva veramente bisogno, che avremmo fatto di tutto per non perdere la merce.

Inaspettatamente la sua espressione cambia; lo sguardo diventa meno torvo ed accenna ad un sorriso. Mi afferra la mano stringendomela con forza:mi stringe a se baciandomi sulle guance, come è in uso a Palermo, mi rivela che anche lui è palermitano , che per un tentato omicidio era stato confinato in quel paese in attesa del processo ed infine che mi avrebbe lasciato andare. Mi chiese solo qualche flacone di insulina per la propria madre diabetica. Lo accontentai e gli augurai buona fortuna. Ci salutammo da buoni amici raccomandandomi che nel caso dovessi fare ulteriori spiacevoli incontri, avrei potuto dire che ero un amico di "faccia d'angelo".
Ripartiamo con una pioggia sempre più insistente.Ancora pochi chilometri e avremmo visto il bivio per Senerchia.

Alla pioggia ora si aggiunge anche la neve. Imbocchiamo la strada in salita. L''auto incomincia ad arrancare, le ruote slittano facilmente, evitiamo tronchi d'albero, avvallamenti,frane, ma quando la strada diventa molto ripida, l'auto si ferma. Vani i tentativi per farla ripartire. Ancora una volta ci viene in aiuto la forestale che rappresentava l'avamposto dei soccorritori con pochi militari. Agganciano l'auto ad uno dei loro mezzi pesanti.Veniamo trainati con difficoltà,causa la strada enormemente dissestata ,sino all'unica piazza del paese, a 600 metri d'altitudine. Scendiamo dall'auto stanchi e infreddoliti. Sentiamo subito la terra che trema sotto i nostri piedi causandoci delle vertigini. Accatastate a pochi metri di distanza vediamo decine di bare. Ci viene detto che sono destinate ai morti che ancora devono essere estratti dalle macerie. Non riesco ad individuare una casa intatta ,solo macerie, le strade deserte, un silenzio irreale. Solo poche forestali intenti a scavare con pale e picozze.
La chiesa parzialmente sventrata fungeva da ricovero.

Non una roulet o camper,Solo neve e tanto freddo.Veniamo accolti da un prete intento a sistemare una grande tenda. Alcuni sopravvissuti si avvicinano alla macchina ma non chiedono nulla. Aspettano. Il loro sguardo smarrito e incredulo. Non noto bambini. Una vecchietta ci chiede sottovoce, quando sarebbero arrivati i soccorsi, perché sono sfiniti dalla fatica e dalle sofferenze, loro stessi hanno scavato a mani nude cercando i propri parenti sepolti dalle macerie. Ho chiesto perché non intendono allontanarsi, scendere a valle e mettersi al sicuro.Mi rispondono che non abbandoneranno mai quello che resta delle proprie case, che affronteranno l'inverno anche sotto una tenda. Andare via voleva dire essere sconfitti, perdere le poche cose, gli animali, il raccolto. Distribuiamo indumenti pesanti; al prete consegnamo tutte la medicine. Altro non possiamo fare se non assicurarli che presto sarebbero arrivati i militari con i loro mezzi meccanici, viveri e medicinali.


Le foto sono state scattate dall'amico e collega, Luigi Cusumano, morto prematuramente. Da abile fotografo dilettante ci lascia una testimonianza reale e tragica di ciò che era rimasto di Senerchia,uno dei Comuni più suggestivi dell'Irpinia, cittadina di grande storia e di antiche tradizione medievali dove un tempo si andava per ammirare le sue bellezze paesaggistiche, le sue chiese, le sue tradizioni artistiche e religiose.

Quando sono ritornato a Palermo ho faticato a riabituarmi alla vita di sempre Il ricordo di quella gente colpita a morte , fiera della sua terra, determinata a rimanere lì, ad affrontare l'inverno, la distruzione, rimarrà viva per sempre tra i miei ricordi.


F.Scordino



5 commenti:

  1. Sono passato da te perché, sulle informazioni personali di Blogger, ho letto che sei un appassionato di pesca, come me. Poi ho visto che - se mi posso permettere - non sei di "primo pelo", come me. Ma tu (uomo fortunato!) sei già in pensione. Poi leggo che sei anche un neofita di questo strano mondo che unisce e fa incontrare persone. Avevo pensato di lasciarti un commento del tipo "ciao, anche a me piace pescare. facciamo uno scambio di link..." e fesserie del genere. Ma poi ho visto le foto (magnifiche) di questo post e ho iniziato a leggere. E non sono riuscito a fermarmi. Non ho mai fatto volontariato e credo non mi sia passato neanche per la mente: forse per i miei problemi familiari (gravi: non mi nascondo dietro a un dito); ma forse anche per predisposizione d'animo. Se ne conoscono poche di storie come quella che hai raccontato, Filippo. Storie di eroi sconosciuti, Ma pur sempre eroi. La mia incerta navigazione sul web oggi ha dato i suoi frutti: se me lo permetti, vorrei linkarti sul mio blogroll ed inserirti nel reader, per poter essere aggiornato sui tuoi nuovi post. Ti ringrazio per avermi regalato qualche momento di coraggio e amore per il prossimo. Seppure vissuti attraverso di te.

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  2. Gentile amico, ha analizzato il mio scritto con acume e sentimento. Avrà notato che l'esperienza da me vissuta è stata volutamente interrota per evitare lungagini che potrebbero annoiare il lettore. MI riprometto comunque a predisporre un nuovo post sullo stesso argamento che tratta del viaggio di ritorno non meno sconvolgente. A presto

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  3. Uomo di gran cuore, ti ringrazio dopo anni a nome dei mie nonni, non conoscevo questo blog, ma è stata una piacevole lettura anche se legata a brutti ricordi!

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  4. Ho letto con molta attenzione quanto hai scritto. Mi ha sorpreso l'esposizione dell'evento raccontato con un criterio puramento giornalisto e coerente.
    Ritengo che avrai tanto da scrivere perchè tanto avrai vissuto. Continua ed io, anche se in forma anonima, ti seguirò con grande interesse.

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